Come nasce la disputa tra whisky e whiskey?
Tutti conosciamo la gustosa bevanda dal colore ambrato che da ormai diversi secoli accompagna il dopo cena con il suo aroma riconoscibile.
Tuttavia avrete notato che il termine che la identifica non sempre corrisponde, poiché in alcuni casi la troverete indicata come whisky e in altri come whiskey.
I più curiosi si saranno certamente domandati da dove deriva questa differenza e in questo articolo desideriamo rispondere alla vostra domanda inserendo anche delle curiosità divertenti e delle note di colore, così che la prossima volta che vi trovate con un bicchiere in mano come questi, sappiate esattamente cosa state degustando e qual è la sua provenienza.
Si tratta di una disputa affascinante, che affonda le sue radici nella tradizione che due nazioni come Scozia e Irlanda rivendicano a gran voce, essendo entrambi molto ancorate e orgogliose dei propri usi e costumi.
Quando nasce il whisky o whiskey?
Le prime testimonianze storiche piuttosto attendibili circa la nascita di questa bevanda risalgono al 1494 e collocherebbero l’invenzione all’interno del territorio scozzese.
In un documento si parla infatti di un certo frate John Corr che riceve una discreta quantità di malto, con lo scopo di trasformarlo in un liquido che dovrebbe essere appunto il predecessore del protagonista del nostro articolo di oggi.
Di contro il popolo irlandese propone una storia avvincente, che coinvolge Enrico II d’Inghilterra al momento dei suo arrivo sull’isola nel XII secolo, quando riferisce di aver trovato un’opera di distillazione del Whiskey, come è chiamato in quella zona.
Quale delle due storie sarà la più attendibile? Ad oggi il dibattito ancora rimane aperto ed è piuttosto divertente veder contendere il primato a due popoli così orgogliosi e fieri delle proprie origini.
Le caratteristiche del whisky scozzese
Se siete alla ricerca di un whisky forte e dal gusto persistente la variante scozzese è certamente quella che fa al caso vostro, poiché viene realizzata con puro malto, l’orzo che viene definito nel linguaggio tecnico single malt.
Il primo passo per ottenere questo risultato è lasciare che i zuccheri fermentino nella maniera corretta, procedendo con la maltazione dei semi d’orzo.
Si tratta di un sistema che affonda ancora le sue origini nelle tecniche tradizionali, che ancora oggi producono un prodotto unico nel suo genere e che viene esportato in tutto il mondo per la sua qualità.
Il chicco deve essere pertanto prima idratato e poi di contro essiccato, utilizzando degli appositi forni a torba che donano il caratteristico aroma.
Proprio grazie a questa fase ad ogni sorso ritroverete gli odori della foresta e delle piante selvatiche, come quelli dell’erica e di altre specie particolari.
Si tratta di un’esperienza che coinvolge tutti e 5 i sensi, accendendoli insieme e permettendo al corpo e alla mente di godere di un piacere quasi estatico.
Una volta eseguita l’operazione è necessario inserire il malto trattato in infusione per la trasformazione definitiva in zucchero e successivamente, attraverso l’apporto di lieviti, in alcol.
La fase più delicata è però certamente quella della distillazione, che prevede in Scozia due differenti momenti di uguale importanza.
Il primo passo è far bollire l’alambicco più grande, così che prima avvenga un fenomeno di vaporizzazione e poi di condensazione, a formare quello che viene definito il low wine; successivamente si passa il tutto in quello più piccolo, andando a cogliere il cuore che sarà poi la bevanda che si potrà bere con gusto e soddisfazione, mentre la parte iniziale e finale è nociva per l’uomo.
La gradazione che è possibile raggiungere è di 75 gradi, quindi attenzione a non esagerare poiché si tratta di un valore piuttosto alto.
Una volta trasferito nelle botti in legno, il whisky dovrebbe invecchiare almeno 3 anni, ma la condizione ottimale sarebbe non toccarlo per i 10 anni successivi e poi godere di tutte le caratteristiche che si sono venute a formare.
Ogni zona della Scozia produce poi una differente variante, che differisce dalle altre per alcune note particolari che è possibile riconoscere subito.
Le caratteristiche del whiskey irlandese
L’altra faccia della medaglia è il whiskey irlandese, che presenta delle note differenti dal cugino scozzese per una diversa tecnica di lavorazione.
In primo luogo, a livello di combustione viene utilizzato il carbone, che elimina tutta quella componente legata alle note boschive e affumicate a favore dell’esaltazione del sapore del malto vero e proprio.
Inoltre, vengono utilizzati altri cereali per alleggerire il tutto e la distillazione avviene ben 3 volte, provocando un risultato particolare e facilmente riconoscibile al palato di un bevitore più esperto.
Non è possibile esprimere un giudizio su quale sia la variante migliore tra le due, poiché si tratta di ottimi prodotti la cui preferenza deriva dal gusto personale e dalle inclinazioni che ognuno possiede.
I whiskey americani
Oltre alle due varianti provenienti dalle nazioni che ne rivendicano la paternità, anche gli Stati Uniti sono divenuti uno stato capace di produrre ottimi whiskey, essendo uno dei primi consumatori al mondo.
La tipologia più conosciuta è certamente il Bourbon, che può essere degustata dopo cena con un sigaro per massimizzare il sapore di entrambi.
La sua particolarità deriva dal fatto che possiede circa il 51% di mais, cereale capace di donare un gusto caratteristico e apprezzato da un largo target di consumatori.
Al termine dell’invecchiamento di almeno due anni, sentirete preponderanti le note di caramello e vaniglia, che avvolgeranno il palato e faranno scendere con più facilità l’alcol dalla gradazione piuttosto elevata.