Ferran Adrià e il suo El Bulli hanno fatto sicuramente la storia della cucina mondiale e lo hanno fatto in quanto lo chef spagnolo è stato il grande precursore ed anche il più grande divulgatore di una ‘filosofia culinaria’, del tutto innovativa e sconvolgente per alcuni versi, che ha scompaginato i canoni tradizionali di cucina intesi fino alla sua affermazione.

Una ‘filosofia’, appunto, che parte dalla scienza e dall’applicazione pratica di alcuni principi enunciati in seguito agli studi di alcuni ricercatori francesi dell’INRA, l’Institut National de la Recherche Agronomique ed in particolare del fisico e gastronomo Hervé This e del premio Nobel per la Fisica Gilles de Gennes.

Cosa c’era di sconvolgente nella cucina molecolare? Teniamo innanzitutto conto che stiamo parlando di un periodo intercorrente fra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, e che la cucina è quasi per definizione uno di quei luoghi in cui la tradizione impera. Bene, per prima cosa nella cucina molecolare spesso non esiste fiamma! Detta così, oggi, non sembrerebbe granché visto che anche l’induzione tanto usata in cucina non usa la fiamma.

Nel caso della molecolare però l’accezione del termine è da intendersi per cibi cotti senza aver mai visto alcuna fonte di calore tradizionale. Come? Con l’uso e l’ausilio di alcune sostanze processi chimici e fisici insiti alle materia prime usate. L’agar agar, la carragenina, la gelatina e il gellano.

Le tecniche principali di lavorazione delle pietanze furono:

– la gelificazione (sostanze liquide solidificate e trasformate in gel alimentari),

– la sferificazione (piccoli globuli di sapori che ‘scoppiano’ in bocca),

– le emulsioni, (pressurizzazione degli alimenti allo stato liquido con un sifone per farli aumentare di volume)

– la sospensione (grazie alla quale frutti ed erbe aromatiche non precipitano in fondo a soluzioni cremose),

– il raffreddamento attraverso azoto liquido, la frittura nello zucchero (senza oli né grassi)

– la polverizzazione (tramite malto destrina).

Adrià è stato solo l’antesignano ma non il solo: l’inglese Heston Blumenthal, il francese Pierre Gagnaire e l’italiano Ettore Bocchia ne hanno seguito ed ampliato le gesta fino ad arrivare ad uno fra i primari chef contemporanei che si è avvicinato a questo tipo di cucina quale Massimo Bottura.

Ovviamente, essendo una cucina questa che fa ricorso ad additivi e tecniche chimiche subito sono nate correnti di pensiero contrarie e che hanno osteggiato la cucina molecolare come vera scuola di cucina. Di sicuro la cucina molecolare non è una cucina “di massa” né “per la massa” ha bisogno di essere praticata secondo rigidissimi protocolli attuativi che garantiscano sia chi la produce che chi la fruisce.

Deve essere praticata da chi non ha paura di cambiare e sperimentare sapori nuovi e consistenze o testure diverse che danno sensazioni al palato davvero sorprendenti.