L’8 luglio di ogni anno ricorre la Giornata Internazionale del Mediterraneo, istituita nel 2014 per promuovere la consapevolezza dei cittadini nei confronti di un mare con caratteristiche uniche, che lo rendono al tempo stesso straordinariamente ricco e immensamente vulnerabile. Incastonato tra Europa e Africa, il Mar Mediterraneo è un bacino chiuso e poco profondo, a contatto con l’Atlantico solo attraverso lo Stretto di Gibilterra, che permette ricambi minimi di acqua, fauna e nutrienti

 

Il Mediteranneo: uno scrigno di biodiversità

Proprio per il suo quasi totale isolamento, nel corso dei millenni il Mediterraneo ha evoluto una biodiversità ricca e particolare. Sebbene rappresenti solo l’1% della superficie delle acque presenti sulla Terra, il nostro mare ospita circa 12.000 specie viventi, pari al 4 – 12% di tutta la biodiversità marina globale. Per questo motivo, biologi ed ecologi annoverano il Mar Meditarraneo tra gli hot-spot della biodiversità: una serie di regioni, sparse su tutto il globo, dove la ricchezza in specie è straordinariamente elevata, al punto da richiedere misure straordinarie per proteggere gli habitat e gli organismi viventi. Inoltre, il 20-30% delle specie che vivono nel Mediterraneo sono endemiche, ossia vivono soltanto in quest’area ristretta del pianeta. Una ragione in più per mettere in atto ogni sforzo per proteggere questo particolarissimo mare da qualsiasi pericolo.

 

Principali minacce alla biodiversità del Mediterraneo

Il Mar Mediterraneo, in effetti, ha un bisogno disperato di essere salvaguardato. Per decenni, le sue acque sono state considerate una fonte inesauribile e sono state sottoposte ad un prelievo ittico incontrollato. Oggi le popolazioni ittiche di interesse commerciale sono ridotte ai minimi termini e, nonostante l’introduzione di misure di regolamentazione della pesca, potrebbero volerci decenni prima che ritornino a livelli accettabili.
A questo si aggiunge il cambiamento climatico: l’aumento di temperatura mette in crisi alcune specie, costrette a migrare verso nord o a spingersi in profondità per trovare condizioni termiche adatte. L’acidificazione delle acque, causata dal clima impazzito, provoca morie di numerosi organismi sessili, tra cui i coralli. Inoltre, le temperature più elevate favoriscono al diffusione di specie alloctone di origine tropicale, alcune delle quali sono invasive e in grado di spazzare vie la popolazioni delle specie nostrane.
Le alterazioni chimiche e fisiche sono un’altra importante fonte di pressione: le coste Mediterranee sono densamente abitate e frequentate ogni anno da milioni di turisti. Gli interventi di dragaggio e di protezione delle coste, uniti all’inquinamento industriale e civile, impattano gravemente gli ecosistemi. Tra le tante forme di inquinamento, negli ultimi anni è balzata agli onori delle cronache quella causata dalla plastica.

 

Le plastiche e i loro effetti sulla biodiversità

Le plastiche sono polimeri sintetici, introdotti soltanto pochi decenni fa ma rapidamente diventati fondamentali per l’uomo: economiche, durature e resistenti, sono utilizzate per produrre oggetti di ogni tipo. Purtroppo, proprio la loro durevolezza le mette sul podio delle sostanze più pericolose per l’ambiente: anche quando il ciclo di vita dei prodotti è terminato, le plastiche che li compongono rimangono inalterate per millenni – e non sempre è possibile recuperarle o riciclarle. Si stima che attualmente il 60% della plastica finora prodotta sia disperso nei mari o sulle terre emerse.
Nei mari, la plastiche si suddividono in due grandi gruppi. Le macroplastiche (bottiglie e flaconi, buste, giocattoli e altri oggetti) galleggiano sulla superficie e possono creare ampie isole mobili. Gli animali talvolta scambiano questi rifiuti per prede li ingeriscono: ad esempio, le tartarughe mangiano sacchetti di plastica credendo siano meduse; ne consegue spesso una morte atroce per soffocamento o per ostruzione intestinale. Altre volte, la fauna rimane impigliata nei rifiuti plastici: tartarughe e delfini spesso muoiono dopo esser rimasti intrappolati in frammenti di reti da pesca. Gli anelli delle bottiglie in PET, invece, possono causare orrende mutilazioni se si incastrano attorno alle appendici di mammiferi e uccelli marini.
Di recente, molte voci illustri si sono sollevate anche per sottolineare i rischi legati alle microplastiche, minuscoli frammenti che abbondano ormai nei mari di tutto il mondo: invisibili a occhio nudo, vengono ingerite in quantità dalle specie marine e possono superare la barriera ematoencefalica e causare effetti neurotossici sul cervello. Si accumulano nei tessuti animali e possono risalire la catena alimentare, fino a tornare nel piatto di chi li ha immessi nell’ambiente: l’essere umano.

 

I numeri delle plastiche nel Mediterraneo

Si stima che nel Mediterraneo siano presenti oltre un miliardo di tonnellate di plastica, e che circa 229 milioni di nuovi rifiuti plastici vengano immessi ogni anno. Nel Tirreno sono presenti quasi 2 milioni di frammenti di microplastiche per ogni metro cubo d’acqua. Gli studi hanno rinvenuto tracce di microplastiche nei tessuti di oltre 100 specie del Mediterraneo, di cui molte di interesse alimentare.
Purtroppo la plastica ha una vita lunghissima anche come rifiuto: se smettessimo oggi stesso di produrla, la concentrazione di microplastiche in acqua continuerebbe ad aumentare e nel 2050 sarebbe doppia rispetto ai valori attuali. È evidente che occorre l’impegno di tutti per arrestare questa corsa verso la distruzione dell’ecosistema mediterraneo.

 

Piccole scelte, grandi risultati

Ognuno di noi può compiere delle piccole scelte per mitigare l’impatto delle plastiche sulla biodiversità del Mediterraneo. La prima consiste nel ridurre l’uso dei prodotti usa e getta a e della plastica, in tutte le sfere della vita quotidiana. Anche in cucina possiamo prendere decisioni che fanno bene al pianeta: sostituendo bicchieri, piatti e coppette di plastica con gli omologhi in vetro e ceramica, contribuiremo a ridurre la produzione di plastica e la sua successiva dispersione nell’ambiente. Il vetro e la ceramica si possono utilizzare innumerevoli volte, non si rovinano con i lavaggi e le alte temperature e possono essere riciclati al termine del loro ciclo di vita. Potrà sembrare una goccia nel mare, ma potrebbe essere proprio la goccia che salverà il nostro meraviglioso Mediterraneo!